PALEOLOGO, 500 ANNI DOPO
Oggi ricorrono dieci anni da quando Benedetto XVI pronunciò la sua "Lectio magistralis" all'Università di Ratisbona contenente la famosa citazione sul ruolo della violenza nell'Islam fatta dall'Imperatore bizantino Manuele II Paleologo durante un dialogo con un erudito persiano.
Ecco come nel recentissimo libro-intervista con Peter Seewald "Ultime conversazioni" (Garzanti) , Papa Benedetto ritorna su quella citazione. Seewald gli chiede se si fosse imbattuto per caso in quel confronto. Benedetto risponde: "Avevo letto questo dialogo del Paleologo perchè mi interessava il dialogo tra Cristianesimo e Islam. Quindi non fu un caso. Si trattava davvero di un dialogo. L'imperatore di cui si parla a quell'epoca era già vassallo dei mussulmani, eppure aveva la libertà di dire cose che oggi non si potrebbero più dire. Perciò trovai semplicemente interessante portare il discorso su questa conversazione vecchia di cinquecento anni".
Fa una certa impressione leggere questa risposta. Perché il Papa emerito sottolinea come oggi ci sia meno libertà di oltre mezzo millennio fa.
Probabilmente a motivo di quell'infiacchimento della ragione, conseguenza della crisi culturale e religiosa dell'Europa , secondo l'analisi che ne ha fatto lo stesso Benedetto, .
La lezione di Ratisbona aveva un titolo significativo. La "Lectio magistralis" di Benedetto era intitolata “Fede,Ragione e l’Università: memorie e riflessioni”, in tutto circa 3.800 parole, ed era centrata sulla relazione tra ragione e fede nel mondo occidentale.
Un tema già oggetto di due Encicliche del suo predecessore Giovanni Paolo II “Fides et ratio” (1998), e ancora prima “Veritatis splendor” (1993).Il discorso di Regensburg era impostato sulla considerazione che la ragione è il fondamento del dialogo, partendo proprio da questo problema: come trovare un fondamento comune all’umanità e alle varie religioni, compreso l’Islam?
Nello Stato moderno, il fondamento comune si esprime con la dichiarazione universale dei diritti umani, della libertà di religione. Anche nel dialogo fra cristiani e musulmani, occorre prendere questi come base . In passato molti teologi musulmani hanno rifiutato la dichiarazione universale dei diritti umani e ne hanno stilato una “islamica”, accusando quella “universale” di essere solo “occidentale”. Partecipando già nel novembre 1997 a Teheran al Congresso dell’Organizzazione della Conferenza Islamica, organismo internazionale cui aderiscono gli stati musulmani, l'allora segretario generale dell'ONU , Kofi Hannan, ha affermato che non ha senso parlare di diritti dell’uomo islamici, perché i diritti dell’uomo in quanto tali non possono che essere universali: non può esistere una dichiarazione “islamica”, “africana”, “cristiana” “buddista” dei diritti dell’uomo. La dichiarazione o è universale, o non lo è.
Anche in occasione del viaggio apostolico nel Regno Unito del settembre del 2010 Ratzinger tornò sul rapporto tra fede e ragione come «un processo che funziona nel doppio senso»: «distorsioni della religione», come il settarismo e il fondamentalismo, «emergono quando viene data una non sufficiente attenzione al ruolo purificatore e strutturante della ragione all'interno della religione»; d'altra parte «senza il correttivo fornito dalla religione, infatti, anche la ragione può cadere preda di distorsioni, come avviene quando essa è manipolata dall'ideologia, o applicata in un modo parziale”.
IL CRISTIANESIMO E LA VITTORIA DELLA RAGIONE
Il più grande sociologo vivente delle religioni Rodney Stark ha dimostrato nel suo studio “La vittoria della ragione”, ( 2006) che non è stato il distacco e la contrapposizione con la società religiosa a generare il progresso economico, scientifico e democratico in Occidente, ma proprio la teologia cristiana, ben prima dello scisma protestante, in forza – non sembri un paradosso – della sua fede nella ragione e nella possibilità per l’uomo di indagare, conoscere la realtà e manipolarla.
Tesi che ha una straordinaria assonanza con le affermazioni ( Ratisbona e non solo) , fatte da Papa Ratzinger.
Secondo Stark, le altre grandi religioni hanno invece da sempre posto l’accento sul mistero e sull’obbedienza. «Tra le grandi religioni solamente il cristianesimo ha dedicato un’attenzione seria ed intensa ai diritti umani invece che ai doveri» dell’individuo nei confronti della collettività. Un fattore decisivo anche come molla per la crescita e lo sviluppo economico, lo sviluppo democratico della società ,visto che negli altri libri sacri non è neppure mai citata la parola «libertà».
L’analisi di Stark ha delle implicazioni sul ruolo che il cristianesimo avrà ai tempi della globalizzazione, e sulla sua importanza per un gigante economico e demografico come la Cina.
fede cristiana nel futuro di grandi Paesi come la Cina. un’ intervista s dSeracccccc