Il Mediterraneo è il nuovo Rio Grande
Bill Gates e Bono, intervistati dal direttore Mario Calabresi sulle colonne di Repubblica, lanciano un allarme-Africa. Tanto il fondatore di Microsoft, quanto il frontman degli U2 parlano delle gravi conseguenze della destabilizzazione in particolare della Nigeria da parte di Boko Haram, che sta facendo di tutto per distruggere la coesistenza pacifica tra cristiani e musulmani che aveva caratterizzato il paese. Sottolineano che se le conseguenze di quanto è successo in Siria (un paese di soli 20 milioni di abitanti) sono state devastanti per il mondo occidentale, a cominciare dall’Europa, tanto peggio bisogna attendersi da quello che accadendo appunto in Africa e in Nigeria.
Un contributo di conoscenza a riguardo, che tra l’altro dimostra il totale “non senso” della politica dei “muri" sulle migrazioni, viene dall’analisi dei flussi demografici dall’Africa, dai quali
emerge che proprio il Mediterraneo sarà il nuovo Rio Grande della Storia, come il fiume che segna il confine tra Stati Uniti e Messico (e lungo il quale il presidente Usa Donald Trump vuole estendere la costruzione del Muro anti-migranti). È quanto sostengono Gordon Hanson e Craig McIntosh, due eminenti economisti americani dell'Università della California in un interessante saggio pubblicato sull’ultimo numero del Journal of Economic Perspectives. In base ai loro studi (e alle elaborazioni sui dati delle Nazioni Unite del Centro Studi Bnl), la Nigeria infatti nel 2040 avrà tanti abitanti quanti i paesi della zona euro. Come le differenze nei trend demografici e nelle prospettive economiche di sviluppo hanno negli ultimi trent’anni animato una forte pressione migratoria dal Messico agli Stati Uniti, allo stesso modo - sostengono i due studiosi americani - le differenze nelle tendenze dei tassi di fertilità e nelle condizioni occupazionali continueranno a sostenere nei prossimi trent’anni la pressione migratoria dall’Africa subsahariana verso l’Europa.
Il Mediterraneo prenderà insomma il posto del Rio Grande.
Nonostante la percezione allarmata del fenomeno che ha portato alla presidenza degli Stati Uniti Donald Trump, il movente demografico delle migrazioni si sta velocemente riducendo nelle Americhe, affermano ancora Hanson e McIntosh, dove il numero di figli per donna fertile è oggi solo marginalmente superiore in Messico rispetto agli Usa. Lo stesso motore demografico rimarrà invece molto potente alle nostre longitudini, dal momento che appunto nel 2040 la popolazione di un solo paese dell’Africa subsahariana, la Nigeria, arriverà ad eguagliare il numero dei residenti dell’intera Area euro. A ciò si aggiunge la guerra e l’instabilità provocata dagli estremisti islamici. La Nigeria - come il Messico con gli Stati Uniti - non ha peraltro un confine orogeografico naturale che lo separa dalla Libia. Il confine è una distesa naturale aperta. E questo spingerà milioni (e non più decine di migliaia) di persone a migrare.
Un’analisi condivisa da Paul Collier, professore di Economia e Politiche pubbliche alla Blavatnik School of Government dell’Università di Oxford, uno dei massimi esperti mondiali sul problema delle migrazioni e autore dello studio “Exodus”, ritenuto da Robert D. Putnam “una lettura imprescindibile per chiunque voglia approfondire il tema”. Leggendo questi dati si prende consapevolezza che nel dibattito pubblico (politico e giornalistico) si finisce a parlare in modo epidermico e reattivo ai singoli fatti di cronaca, di migranti, di accordi di rimpatrio eccetera, ma senza la percezione reale di cosa stia veramente accadendo alle nostre porte.
Gates e Bono ce lo ricordano. Di più la situazione demografica africana ci pone delle profonde domande sul nostro e sul loro modello di sviluppo. Oggi alla Camera dei deputati un Convegno sulle migrazioni verrà chiuso dal cardinale Turkson, prefetto del nuovo Dicastero vaticano sullo sviluppo umano integrale. Non passa giorno senza che Papa Francesco torni a parlare di questo. Ieri l’Osservatore Romano ha pubblicato un intervento del cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, in cui si invoca un approccio maggiormente sistemico al problema (anche attraverso la regolazione dei flussi migratori attraverso corridoi legali). Non si può prescindere da queste conoscenze e da questa coscienza dei fatti per decidere cosa fare. Altrimenti prevarranno solo razzismo, populismo e nuove tragedie.
(pubblicato dall'huffingtsonpost il 23 febbraio 2015)