top of page

E Minniti convinse anche San Francesco


"Non deridere, né detestare, ma intelligere", cioè comprendere. Comprendere i fenomeni. Il cardinale Gianfranco Ravasi introduce l'incontro con il ministro dell'Interno Marco Minniti, citando il Tractatus politicus del filosofo Baruch Spinoza. E non poteva esserci citazione migliore e più adatta per un uomo politico che della "intelligenza" dei fenomeni ha fatto uno stile di governo. Subito Ravasi cita il Papa e dice che la virtù della prudenza invocata da Francesco per affrontare il fenomeno migratorio ha proprio a che fare con l'intelligenza delle cose, senza luoghi comuni buonisti o populisti.

Sotto il cielo cobalto dipinto da Giotto, nella Basilica superiore di Assisi, il responsabile del Viminale affronta e supera a pieni voti la sua prova pubblica più difficile (piú volte interrotto da applausi), quella dell'esigente popolo "francescano" (accorso in massa, la chiesa è strapiena): non solo i frati del Santo Poverello, ma quello fatto da tanta gente che è arrivata ad Assisi ad ascoltare e che, con cuore semplice, vuole capire perché l'Italia, che ha l'accoglienza nel proprio dna, non deve essere più "il Paese degli sbarchi" e perché i migranti sono bloccati in Libia.

Il confronto con il cardinale, alla guida del Pontificio Consiglio della Cultura, inventore del brand del "Cortile" come luogo d'incontro e di dialogo ( lui l'ideatore del Cortile, vaticano, dei Gentili), arriva al termine di un vero e proprio Ravasi-day (iniziato con la celebrazione solenne della Messa, continuato con il colloquio pubblico di due ore con Alvaro Dionigi, illustre latinista, ex rettore dell'Alma mater di Bologna) che si conclude con l' attesissimo faccia a faccia con Minniti, pungolati entrambi da Corrado Formigli.

Il punto fondamentale, per Minniti, è come una democrazia affronti fenomeni epocali come le migrazioni. "Noi dobbiamo governare il flusso dall'altra parte del Mediterraneo, non possiamo consegnare le chiavi delle democrazie europee a trafficanti di esseri umani, che agiscono su scala mondiale", visto che tra chi arrivava sui barconi non c'era nessun libico, ma la seconda nazionalità per numeri di chi si imbarcava da Sabrata è quella del Bangladesh. "L'Italia - assicura il ministro - ha accolto, sta accogliendo e continuerà a farlo, ma l'accoglienza è collegata all'integrazione". Per Minniti bisogna pensare al futuro, i terroristi che hanno insanguinato l' Europa sono figli di una mancata integrazione, da Charlie Hebdo in giù. L'accoglienza deve avere un limite nella capacità di integrazione. Il diritto fondamentale di chi è accolto deve stare in equilibrio con quello di chi accoglie.

Quanto al punto più dolente, quello delle condizioni di vita nei centri di accoglienza in Libia, Minniti rivendica con forza di essersene occupato per primo. "Oggi abbiamo portato in Libia l'Unhcr (che ha già visitato 27 campi su 29) e l'Organizzazione mondiale delle migrazioni, e tra i migranti sono stati trovati già mille persone che hanno diritto alla protezione internazionale e tra i 15 mila e i 20 mila hanno accettato rimpatri volontari e assistiti". In Niger nell'ultimo mese si è registrata una diminuzione del 35 per cento di ingressi perché "i trafficanti si sono fatti i loro conti e hanno capito che non vi guadagnano più".

Anche ad Assisi Minniti afferma un concetto che ripete nelle sue uscite pubbliche: "Al principio di umanità per quanto mi riguarda e per quanto riguarda l'Italia io non rinuncerà mai" spiega, ma "è il diritto internazionale, non i politici italiani, a distinguere tra i migranti economici e rifugiati: sono certo che il nostro Paese sperimenterà un nuovo modello di immigrazione". Ed ancora: "Voglio stare accanto a chi ha paura per liberarlo dalla paura ed evitare il sopravvento di apprendisti stregoni".

Minniti preme perché si arrivi ad approvare presto lo ius soli. "Sarebbe più giusto parlare di più ius culturae: riguarda chi è nato in Italia e ha fatto un ciclo di scuola nel nostro paese. Riguarda i figli di immigrati regolari che hanno passato la loro vita in Italia. Bisogna fare una battaglia culturale - ha detto - non c'è alcun legame tra sbarchi e ius soli. Bisogna fare di tutto per approvarlo ora". Sullo ius soli, Ravasi ricorre al libro dell'Esodo della Bibbia, dove si afferma che lo straniero starà sotto la stessa legge di chi abita nel paese e che lo straniero sarà trattato come un figlio.

Con il confronto fra Ravasi e Minniti si è chiuso il Cortile di Francesco, l'iniziativa dei frati di Assisi sul tema del cammino. L'invito a Minniti era stato fatto mesi fa, "quando le acque erano calme" dice padre Enzo Fortunato, anima dell'evento. "Perché la questione dell'accoglienza è una questione forte della nostra società, ci ha risposto subito di sì come disse subito di sì - due giorni dopo la nomina, lo scorso dicembre - a essere rappresentante del nuovo governo Gentiloni al concerto di Natale". L'incontro è poi caduto temporalmente nella strettissima attualità dopo le iniziative di Minniti che hanno portato a fermare i flussi migratori gestiti dai trafficanti, al tempo stesso prendendo iniziative italiane ed europee per la stabilizzazione della Libia e dei paesi subsahariani.

Una linea di realismo sull'immigrazione recentemente "benedetta" da Papa Francesco in persona, nella conferenza stampa sul volo di rientro dalla Colombia e poi sintetizzata da un editoriale del direttore dell'Osservatore romano, organo della Santa Sede: "Un nodo arduo (quello dell'immigrazione, ndr) affrontato con coraggio e umanità in Paesi come la Grecia e l'Italia, esplicitamente ringraziati dal Pontefice. Alla ricerca di un punto di equilibrio tra accoglienza, integrazione e superamento delle cause alla radice di un fenomeno mondiale ed epocale".

Incline per natura e per formazione alla diplomazia riservata, Minniti ha chiesto ed ottenuto negli scorsi mesi alcuni incontri in Vaticano con il sostituto della segreteria di Stato Angelo Becciu, che ha tenuto informato il Pontefice. E così già il 9 agosto scorso il segretario di Stato Pietro Parolin aveva anticipato il senso di un intervento molto preciso al riguardo, espresso pubblicamente il giorno dopo, 10 agosto, dal Presidente della Cei, il Cardinale di Perugia Gualtiero Bassetti. Un mese prima, il 9 luglio, Parolin era intervenuto per "correggere" il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino che aveva attaccato il segretario del Pd, Matteo Renzi, in relazione all'invito "aiutiamoli a casa loro". Si parlò allora di un presunto segno di frattura tra la segreteria di Stato e il Papa, ma sono state le stesse parole di Francesco a dimostrare che così non era.

(pubblicato su Huffpost.it, il 17 settembre 2017)

bottom of page