Caso Marogna, Becciu non potrà oppore il segreto. Mons. Carlino e la cena al ristorante Le Vele.
di Maria Antonietta Calabrò
Il cardinale Angelo Becciu non potrà opporre il "segreto pontificio" alla chiamata a deporre in Tribunale sulla vicenda di Cecilia Marogna, che lo vede imputato di peculato con la sedicente esperta di intelligence sarda per i 575 mila euro che le furono inviati dalla Segreteria di Stato vaticana ( fino alla seconda metà del 2018) per presunte operazioni volte alla liberazione di una suora colombiana in Mali , suor Cecilia .Le indagini bancarie della Gendarmeria vaticana hanno messo in evidenza che quei soldi sono finiti invece in gran parte in beni di lusso. Di qui l’accusa di peculato in concorso sia per la Marogna che per il card. Becciu, che finora non aveva voluto parlare di questa vicenda, adducendo il segreto.
All'inizio dell'11/a udienza del processo in Vaticano, nato dall'acquisto del palazzo di Sloane Avenue a Londra, il presidente del Tribunale ,Giuseppe Pignatone ,ha dato infatti lettura della lettera di risposta della Segreteria di Stato, firmata il 24 marzo del Segretario di Stato card. Pietro Parolin. Dopo averne parlato con papa Francesco, Parolin ha fatto sapere per iscritto che "il Papa dispensa il card. Becciu dal segreto pontificio".
Nell’udienza del 7 aprile 2022, giorno in cui è previsto il suo interrogatorio, quindi il card.Becciu potrà rispondere come vuole su questi finanziamenti e il ruolo della donna. L’ interrogatorio verterà naturalmente anche sull’ acquisto del palazzo di Londra di Sloane Ave che ha portato a un danno patrimoniale quantificato in udienza dall’ ufficio del Promotore in 217 milioni di euro ( https://www.huffingtonpost.it/esteri/2022/02/28/news/l_affare_di_londra_per_il_vaticano_217_milioni_di_perdite-8862192/)
Sul peculato contestato in relazione ai fondi della Segreteria di Stato inviato alla Coop. SPES di Ozieri, presieduta dal fratello del cardinale, Becciu ha gia avuto modo di deporre davanti al Tribunale vaticano presieduto da Giuseppe Pignatone.
Ma nell’udienza di ieri lo stesso Pignatone ha detto che sulla vicenda della SPES altre indagini sono state stralciate dal Promotore di giustizia in relazione ai finanziamenti ottenuti dalla Conferenza episcopale italiane ( CEI ) per centinaia di migliaia di euro, grazie all’ interessamento di Becciu , nessun reato contestato.
L’udienza - durata quattro ore e mezza - è stato dedicato all'interrogatorio di mons. Mauro Carlino, ex segretario dei due sostituti per gli Affari generali che si sono succeduti ( fino al 2018 e dal settembre 2018) card. Becciu e mons. Edgar Pena Parra. Carlino e’ imputato di concorso in estorsione e abuso d'ufficio. L’ interrogatorio ( Promotore di giustizia, difese, parti civili) ha riguardato solo la “ vicenda Torzi” , cioè il pagamento di 15 milioni di euro ( che per l’accusa sono stati l’esito di un’estorsione compiuta da Torzi) .Nulla sulla vicenda principale, cioè l’acquisto di Londra dal finanziere Raffaele Mincione , nulla sul cardinale Becciu.
Tutti gli incarichi che ho ricoperto li ho svolti come sacerdote", legato a una "promessa di fedeltà e obbedienza", ha detto nelle sue dichiarazioni spontanee. Ha detto di non aver mai saputo nulla della vicenda di SloaneAve60 , perché estraneo all’ufficio amministrativo.Pena Parra all'inizio del 2019 gli parlò del "grave errore dell'Ufficio Amministrativo" , della “grave infedeltà “ sulle transazioni che avevano lasciato in mano al broker Gianluigi Torzi mille azioni con diritto di voto che gli davano il controllo dell'immobile, nonostante l’acquisto da parte della Segreteria di Stato. "Dopo vari tentativi andati a vuoto, la volontà del Papa era fare la trattativa, spendere il meno possibile e tornare ad avere il controllo del palazzo", ha ricordato Carlino, parlando di una vera e propria "Via Crucis". Si trattava comunque di riallocare le azioni con diritto di voto da Torzi alla Segreteria di Stato, cosa che, alla fine , e' costata a quest'ultima (gia' proprietaria del palazzo) altri 15 milioni di euro, che l'accusa ritiene frutto di estorsione. "C'era il rischio addirittura che Torzi potesse vendere il palazzo", ha rievocato Carlino. In ogni caso, di tutti i passaggi della trattativa, conclusasi il 2 maggio del 2019, "il sostituto ha informato costantemente il segretario di Stato e il Santo Padre: ogni decisione era del sostituto e del segretario di Stato, e presa dopo un confronto". "Per quanto mi riguarda - ha aggiunto -, io non ho mosso un dito senza avere l'autorizzazione dei superiori e ho lavorato solo nell'interesse della Santa Sede e in ubbidienza ai superiori. D'altra parte le decisioni non possono mai essere prese dai dipendenti, solo dai superiori".
La "grave infedelta'" di mons. Alberto Perlasca sarebbe consistita proprio nell'aver firmato l’avere e t con Torzi senza l'autorizzazione superiore. Tuttavia la posizione processuale di Perlasca è stata archiviata nel novembre 2021 con sentenza definitiva nonostante che le accuse di Pena Parra - riferite ieri da Carlino - fossero già contenute ( e ciò avvenne prima del rinvio a giudizio del luglio scorso contro Torzi, Carlino e Tirabassi ) , in un Memoriale inviato dall’ attuale sostituto al Promotore di giustizia Milano.
Il Presidente Pignatone ha affermato ieri in udienza che decreto di archiviazione di mons. Perlasca e’ stato depositato agli atti.
Monsignor Carlino che teneva i contatti con Torzi , così ha dichiarato, su incarico di Pena Parra, ha anche riferito che la sera del 2 maggio 2019 ( giorno anniversario del suo battesimo e giorno di chiusura della trattativa con Torzi ) : “ Festeggiammo al ristorante Le Vele con Tirabassi e il sostituto. Al momento del conto Tirabassi si alzò, ma Pena Parra disse che quella sera pagava lui, perché offriva il Papa” .
Monsignor Carlino ha anche depositato un pro memoria che riporta i poteri di firma dei singoli componenti della Segreteria di Stato. E in questo documento e’ scritto che hanno capacità di firma singola anche sui conti solo il Segretario di Stato e il sostituto, gli altri , anche i direttori degli uffici , devono essere a firma congiunta con i vertici.
Monsignor Carlino ha confermato davanti al Tribunale che mons.Perlasca voleva denunciare Torzi, che si era intestato mille azioni del Palazzo di Londra, non per la gestione ordinaria, ma le uniche con diritto di voto. E per questa sua posizione fu emarginato dalla trattativa che venne portata avanti da Carlino su incarico di Pena Parra.
Monsignor Carlino ha anche dovuto confermare che nel frattempo sia il dottor Milanese (che aveva facilitato l’ incontro tra il Papa e Torzi del 26 dicembre 2018 ) sia il consulente Dal Fabbro , si erano tirati fuori dalle trattative. Quest’ ultimo ,anzi, lasciando la consulenza , aveva consigliato la Segreteria di Stato ( attraverso mons.Carlino, che con lui teneva i contatti) a rivolgersi ad un avvocato penalista, sulla questione Torzi. Dal momento che a suo giudizio, potevano essere stati commessi dei reati.
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