DOMANI MILONE INTERROGATO IN VATICANO
CADUTO IL SEGRETO PONTIFICIO. C'E' UN SUPERTESTIMONE.
di Maria Antonietta Calabrò
E’ fissato per domani lunedì 14 novembre 2022 l’ interrogatorio in Vaticano dell’ex Revisore generale della Santa Sede, Libero Milone, assistito da un avvocato.
Negli ultimi giorni abbiamo appreso dal ricorso per danni (rectius, domanda giudiziale) presentato da Milone al Tribunale vaticano, che di recente è stato tolto il segreto pontificio (equivalente al segreto di Stato ) sul procedimento penale aperto nei suoi confronti sette mesi prima della sua “defenestrazione” avvenuta il 19 giugno 2017.
Sempre dal ricorso ( per un risarcimento di oltre 9 milioni , che porta la data del 19 ottobre 2022, depositato in cancelleria il 4 novembre ed illustrato in un briefing ad un piccolo gruppo di selezionati giornalisti il 9 novembre ) apprendiamo che gli atti di quel procedimento iniziato quando il cardinale Angelo Becciu era il potente sostituto della Segreteria di Stato ( attualmente invece è sotto processo per svariati reati proprio davanti al Tribunale vaticano) sono stati ripresi in mano dal Promotore di giustizia, e a quanto sembra di capire dal suo ricorso civile domani non è la prima volta che l’ex Revisore generale si rapporta con la giustizia penale vaticana (vedi sotto capitolo “L’inchiesta penale contro Milone”).
E’ recente la decisione presa da Papa Francesco di togliere il segreto pontificio a tutta la vicenda. Tanto che di questa circostanza si è avvalso in Aula il cardinale Becciu, in una dichiarazione spontanea resa il 18 maggio 2022 (https://www.justout.org/single-post/becciu-su-milone-2017-2022)
La rimozione del segreto dimostra la volontà del Papa di portare alla luce tutto quanto riguarda il caso di Milone , strettamente collegato alla vicenda del Palazzo di Londra, in modo che non possano rimanere zone d’ombra, una volta per tutte. Se Milone è innocente, la sua “cacciata” potrà essere catalogata tra i pesanti danni collaterali di una gestione finanziaria sciagurata da parte della Segreteria di Stato. Altrimenti, dovrà essere chiarito cosa effettivamente è successo.
Come hanno ricordato nei giorni scorsi lo stesso Milone e il suo vice dell’epoca , Panicco , il 19 giugno di cinque anni fa , l’allora capo della Gendarmeria Domenico Giani comunicò al dottor Milone che era formalmente indagato per attività di spionaggio e per peculato ( con riferimento a una fattura di 27 mila di euro che era stata duplicata ). E proprio su questa indagine penale (senza fondamento, secondo Milone) Giani avrebbe fatto leva per ottenere con la forza, “brutalmente” , le sue dimissioni dall’incarico (“O lei si dimette o l’arrestiamo”).
Becciu all’epoca ha accusato pubblicamente Milone di spionaggio anche ai danni di altri alti prelati, oltre che nei suoi confronti, e si è assunto la “paternità “ di quella drammatica uscita di scena. In base alle sue dichiarazioni in Aula del 18 maggio 2022, Becciu invece rivendica a sè sostanzialmente solo il ruolo di “front man” del Papa.
Milone e Panicco chiedono adesso i danni quantificati in tre anni di retribuzioni perse ,danni reputazionali e impossibilità di trovarsi un altro lavoro . Situazione aggravata per Panicco dal danno biologico, perchè l’asserita sottrazione di documentazione medica, avvenuta durante la perquisizione in ufficio, avrebbe fatalmente aggravato una patologia “potenzialmente oncologica”, che purtroppo è ora arrivata al suo stadio finale ( “mi sono stati sottratti tra i quindici anni e vent’anni di vita”).
In ogni caso , la domanda giudiziale è stata presentata oltre il limite di legge per la prescrizione dell’azione civile. La legge sulle fonti del diritto vaticano , datata 1 ottobre 2008, n. LXXI , all’articolo art. 4 afferma : “ si osserva il Codice civile italiano del 16 marzo 1942 con le leggi che lo hanno modificato fino all'entrata in vigore della presente legge”.
Come è noto il codice civile italiano fissa in cinque anni il termine di decadenza dell’azione risarcitoria.
Quel che conta, invece, e’ che essa è stato depositata a pochi giorni dall’interrogatorio fissato per il 14 novembre 2022. E che alla “rinnovata “ istruttoria penale ( anzi a due procedimenti, come scritto nel ricorso ) la stessa domanda risarcitoria fa riferimento, lì dove prende atto della fine del segreto pontificio voluto da Papa Francesco, e pertanto Milone e Panicco sostengono di sentirsi loro stessi liberati da qualsiasi remora nel raccontare i fatti.
L’ impianto generale della lagnanza è lo stesso di quello già noto a partire da una intervista in pool resa da Milone tre mesi dopo le “dimissioni”, il 24 settembre 2017 . (Qui il link al ricorso integrale (https://acrobat.adobe.com/link/track?uri=urn:aaid:scds:US:d97fb0b6-105c-3850-bddd-145dbeee960d) .
L’inchiesta penale contro Milone.
Milone chiese di avere notizia del procedimento penale contro di lui già a fine ottobre 2017, quando dopo aver parlato con il Segretario di Stato Pietro Parolin potè incontrare l’allora Promotore di giustizia, professor Milano.
Si legge nel ricorso: “(…) il Promotore di Giustizia, che si era dichiarato disponibile, invitandolo (v. lettera 22 ottobre 2017, all. 22) a mettersi in contatto con lui ai recapiti da lui indicati. Effettivamente, il prof. Milano - unitamente al suo aggiunto prof. avv. Roberto Zannotti - incontrò, il 10 novembre 2017, alle 12,15, il dott. Milone e i suoi legali, gli avvocati Lorenzo Fiorani e Gianfranco Di Simone in una stanza della LUMSA (in Borgo Sant’Angelo), ma riferì loro di essere in grado di dire soltanto che, in quel momento, la situazione era “congelata”: richiesto di spiegare il senso di quella parola, rispose che non era in grado, sapeva solo che per il momento tutto doveva restare immobile. “
Milone nel ricorso lamenta inoltre che pur interpellando formalmente gli organi giudiziari vaticani nel 2018 e nel 2020 non è riuscito ad avere nessuna notizia sul procedimento penale iniziato contro di lui.
Poi il ricorso aggiunge : “Solo recentemente il dott. Milone ha appreso, da S.E. Rev.ma card. Parolin, che il Santo Padre aveva imposto il segreto Pontificio sulla vicenda delle sue “dimissioni”.
Il testimone-chiave , Nencioli
Le indagini, si scriveva sopra, sono riprese di recente, tanto che il ricorso rivela : “a riprova della volontà del dott. Milone di usare il suo ruolo di Revisore per “spiare” i reverendissimi Cardinali gli è stata di recente esibita una scrittura di “accordo di riservatezza” con l’onnipresente Nencioli, ma trascurando il particolare – il diavolo, anche in Vaticano, dimentica i coperchi delle sue pentole! – che, avendo il dott. Milone ricevuto l’incarico il 5 giugno 2015, è palesemente falsa, e maldestra, la data (15 aprile 2015) della c.d. scrittura con la quale, nella qualità di Revisore, il dott. Milone si sarebbe accordato con il solito Nencioli! Il quale, peraltro, nonostante confessi apertamente di aver spiato gli intemerati Cardinali, è per l’Ufficio del Promotore di Giustizia – il cui metro di giudizio sembra sia sempre lo stesso… - solo un testimone a carico, e non l’autore materiale del reato!”
Qui emergono tre circostanze nuove: a Milone di recente è stata mostrata una “prova d’accusa” : una lettera di incarico per far partire operazioni di “spionaggio”( che secondo Milone è falsa); il nome della persona che sarebbe stata incaricata di questo spionaggio :Nencioli (…. ) e che avrebbe collaborato attivamente con le indagini tanto che Milone lo accomuna a monsignor Alberto Perlasca ( anche se il nome di Perlasca non viene scritto), visto che viene descritto nel ricorso come giudicato dagli inquirenti solo come “un testimone a carico e non l’ autore materiale del reato”.
Chi è Nencioli? Lo spiega il testo stesso della richiesta di risarcimento danni di Milone. “L’attività dell’Ufficio stava appena compiendo i primi passi quando, la mattina di lunedì 28 settembre 2015, il dott. Milone, avviando il suo p.c., rilevò che questo era stato da qualcuno aperto e non correttamente spento durante il weekend: denunciato il fatto alla Gendarmeria, fu fatta intervenire una società specializzata in bonifiche informatiche (del sig. Nencioli di Arezzo, ex – a suo dire - dei Servizi Segreti) che confermò la circostanza dell’accensione nella giornata di sabato 26.9.2015 e rilevò l’inserimento nel p.c. della segretaria, sig.ra Anna Palumbo, di un malware (c.d. screen mirroring, un programma informatico che consente di copiare tutti i dati ed i documenti contenuti in un p.c. e di trasferirli all’esterno)”.
“Nonostante fosse preoccupante la circostanza che l’accesso all’Ufficio era avvenuto senza scasso (le chiavi le possedevano soltanto il dottor Milone, il dottor Panicco, Monsignor Vallejo Balda (condannato per lo scandalo Valiteaks2, esploso nel novembre 2015, ndr) che all’epoca si trovava all’estero, la Gendarmeria e infine l’A.P.S.A., proprietaria dell’immobile) la notizia fu superficialmente riportata da qualche media: e tutto finì lì, perché a nulla approdarono le indagini della Gendarmeria”, sostiene il ricorso.
Non di bonifiche elettroniche ma di ben altri tipi di report consegnati al Revisore dopo il pagamento di fatture “nel corso della sua attività di controllo contro prelati “ fa invece riferimento un articolo del Corriere della Sera del 1 ottobre 2017 firmato da Fiorenza Sarzanini (che la domanda giudiziale di Milone definisce “a dir poco delirante “)sulle “trame di Milone smascherate dalla Gendarmeria “ . Un articolo che, secondo il ricorso di Milone e Panicco , dimostrerebbe “la capacità di certi ambienti vaticani - specie con giornalisti di bocca buona o ben disposti -di creare dal nulla “mostri”, appiccicando loro un’etichetta che, specie con colleghi del medesimo conio, li “bolla” per anni”.
Gli allegati
I riferimenti a fatti specifici relativi e magagne finanziarie che sarebbero state smascherate dall ufficio del Revisore tra il 2015 e il 2017 sono state in gran parte già pubblicate in libri o sui giornali, compresa la vicenda dei soldi della Segreteria di Stato depositati presso la Banca della Svizzera Italiana, (chiusa dalle autorità elvetiche per costante violazione delle norme antiriclaggio) poi ritirati grazie all’ intervento del cardinale George Pell.
Alcuni casi sono minori se paragonati all’ affare del palazzo di Londra ma sicuramente molto appetibili mediaticamente : i 170 mila euro per la ristrutturazione dell’ alloggio di servizio del capo della gendarmeria Giani ; i 500 mila euro che un cardinale avrebbe trasferito” per sbaglio” sul suo conto personale ; i contributi che sarebbero stati stornati dal Bambin Gesù per finanziare la campagna elettorale di partiti politici italiani nel 2013 (quali?, ndr); la vicenda della ritritturazione dell appartamento del Governatorato assegnato al cardinale Bertone; l’affitto da parte di Propaganda Fide a noto giornalista RAI (che poi altri non sarebbe che Bruno Vespa che ha smentito qualsiasi irregolarità); la vicenda del primo palazzo che è stato acquisito dal Vaticano in tempi recenti a Londra operazione voluta dall’allora Presidente dell’Apsa, cardinale Calcagno,attraverso la societa Grolux (https://www.huffingtonpost.it/entry/fumo-di-londra-il-nuovo-mistero-vaticano-si-chiama-grolux-limited_it_5d94f4bae4b0da7f6620bc1a/).
Nel ricorso si fa riferimento a queste vicende, citando le relative pezze d’appoggio negli allegati.
Ma gli allegati- ha dichiarato l’avvocato Giovanni Merla - non sono stati ancora depositati in Tribunale, “lo saranno alla prima udienza civile per una scelta processusle”.
Sono stati invece consegnati ai giornalisti durante il briefing del 9 novembre, con delle chiavette usb.
Stato di diritto e Vaticano.
Il refrain - che stanno ripetendo da mesi gli imputati del processo Sloane Ave - e cioè che in Vaticano non esisterebbe uno stato di diritto, è ripreso anche da Milone.
Nel ricorso dell’ex Revisore vengono attaccati il testimone dell’accusa per il palazzo di Londra ,Cassinis Righini, il nuovo Revisore generale nominato dopo Milone, e i vertici della Gendarmeria in carica che hanno svolto le indagini su Sloane Ave .
Va invece qui ricordato che sia pure come giurisdizione sui generis visto che il capo di Stato coincide con la figura del Romano Pontefice , quella vaticana ha superato positivamente il giudizio del Consiglio d’Europa e ha ottenuto molteplici pronunce favorevoli al riconoscimento della sua giurisdizione come garantista dei diritti degli imputati con plurime sentenze svizzere, inglesi e della stessa Corte di Cassazione italiana.
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