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Emanuela Orlandi: un affare di Stato.

Il giudice Ilario Martella spiega in un suo libro, perchè




9 settembre 2024

di Maria Antonietta Calabrò


Scomparsa Emanuela Orlandi: ripartire da dove il filo è stato tagliato. Chiedendo ed ottenendo che venga tolto il Segreto di Stato dai documenti degli archivi bulgari sull’attentato a Giovanni Paolo II. E auspicando “che il Vaticano, ove occorra nella persona dell’attuale pontefice Francesco, faccia conoscere quanto acquisito nel corso degli anni sulle due vicende delle scomparse di Emanuela e Mirella, il cui destino sembra ineludibilmente collegato con l’attentato del 13 maggio 1981".

Questa in sostanza la posizione del vicepresidente onorario della Cassazione, Ilario Martella, giudice istruttore del secondo processo sull’agguato di piazza San Pietro, quello contro i complici bulgari di Alì Agca, e per dieci anni giudice istruttore sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, che nel suo libro appena uscito “Intrigo internazionale” sostiene che quelle” due giovani vite sono state sacrificate sull’altare della ragion di Stato”. Innanzitutto dello  Stato bulgaro. che voleva in ogni modo ottenere che le accuse lanciate da Agca alla fine del 1982 contro i funzionari della Balkan Air  venissero ritrattate. I rapitori con i loro messaggi  chiedevano pubblicamente la liberazione di Agca, ma in in realtà era allo scagionamento dei bulgari cui puntavano. E lo hanno fatto - secondo Martella - con la richiesta di assistenza alla più raffinata rete spionistica del blocco orientale, la STASI, servizio segreto della Germania comunista, in stretta collaborazione con l’allora KGB russo, che a Dresda  (con sede in una villa sul fiume Elba  posta a meno di cento metri dagli uffici Stasi ) dal 1985 al 1990  aveva  visto prestare servizio anche un giovane “guy to go” di nome Vladimir Putin, che  a trentatré anni era già un maggiore.

I documenti ritrovati a Berlino dopo la caduta del Muro e pubblicati nel libro dimostrano che alti gradi bulgari chiesero l’intervento direttamente a Mielke e Wolf, l’uomo senza volto, (i capi della STASI).  Le “misure attive“ messe in campo dai tedeschi dell’Est sostiene Martella riguardarono innanzitutto la Orlandi e la Gregori. La manovra ebbe successo perché quando iniziò il processo davanti alla Corte d’assise di Roma, all’inizio del 1985, Agca cominciò a “fare il matto”, a minare la sua credibilità di accusatore, sostenendo persino di essere Gesù Cristo, e gli imputati bulgari furono assolti, sia pure per insufficienza di prove. 

Martella  ha testimoniato davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta presieduta dal senatore Andrea De Priamo, il 27 giugno 2024, indicando le “coincidenze “ tra la sua inchiesta contro i bulgari e lo sviluppo dei comunicati su Emanuela Orlandi. Martella nel frattempo fu sottoposto a minacce gravissime e minacce gravissime furono rivolte anche a sua figlia (anche lei ascoltata in Commissione, in audizione secretata). 

Martella ha messo in evidenza che già nel 1997 a seguito di una rogatoria svolta dal giudice Rosario Priore furono acquisiti documenti dall’archivio della Stasi così come è stata acquisita la testimonianza di un alto grado del servizio segreto di Berlino Est, il quale ha rilevato che i messaggi provocatori dei telefonisti del caso Orlandi, Mario e Pierluigi, “li abbiamo scritti noi”.

Le prove secondo Martella sono a disposizione già da molti anni. Ma aggiungiamo noi, come ha dimostrato la decretazione degli atti dei nostri apparati, decisa dal governo Renzi a cominciare dal 2014,  solo da allora è potuto emergere in Italia il ruolo della STASI, ben informata del sequestro da parte delle Br del presidente della Dc Aldo Moro, che “controllava” i terroristi tedeschi della RAF e che diede rifugio a Berlino al capo palestinese Wadi Haddad e George Habbash capo del FPLP.

Dal punto di vista giudiziario la “pista internazionale“ per il rapimento di Emanuela Orlandi venne abbandonata agli inizi degli anni Duemila. Anche per l’insorgere di altre pista.Nel luglio 2005, due mesi dopo l’inizio del pontificato di Joseph Ratzinger- Benedetto XVI, venne chiamata in causa con una telefonata a Chi l’ha visto la pista della banda della Magliana, con il ruolo del boss Enrico De Pedis, la  sua sepoltura nella chiesa Santa Apollinare nei pressi del posto dove fu vista per l’ultima volta Emanuela, ma anche quella pista non ha portato a niente ( le  52.188 ossa trovate nella Chiesa  , quando fu traslata la salma di De Pedis, erano tutte di epoca addirittura  prenapoleonica)ed è stata archiviata. Poi si sono  succedute nel tempo alcune “altre“ piste (tra cui quella di  Marco Fassoni Accetti - scrive Martella - “Tra mitomania, malattia mentale  e lucro”. )

In tutti questi casi  “gli elementi probatori acquisiti nel corso delle indagini preliminari" non sono stati "provvisti della consistenza, neppure indiziaria, necessaria a sostenere l’accusa in giudizio e a giustificare il vaglio dibattimentale".

A essere fermamente convinta della matrice terroristica internazionale dietro la sparizione di sua figlia, è stata Maria Pezzano, mamma di Emanuela Orlandi. Venuta a conoscenza dell'archiviazione della pista relativa alla Banda della Magliana, cercò di insistere con gli inquirenti per riaprire le indagini per il riconoscimento del fine terroristico del sequestro di sua figlia. Gli elementi a sostegno, secondo la donna, erano fondamentalmente cinque:

  1. La dichiarazione spontanea di papa Giovanni Paolo Il il giorno di Natale 1983, secondo cui la scomparsa di Emanuela costituiva un atto di terrorismo internazionale.

  2. La circostanza che la scomparsa di Emanuela venne associata a una serie di messaggi estorsivi da parte di chi, avendo la diretta disponibilità della ragazza o avendo contatti con chi la deteneva, poteva indicare caratteristiche fisiche altrimenti sconosciute e produrre fotocopia di documenti personali di Emanuela che, senza il contatto con la ragazza, non si sarebbero potuti avere.

  3. La circostanza del pedinamento di altre ragazze che vivevano in Vaticano dopo l'attentato al Papa e prima della scomparsa di Emanuela, tanto che i genitori delle ragazze segnalarono i fatti a Giusto Antonazzi, sovrastante in Vaticano, e ridussero la libertà di uscita delle figlie 

  4. La circostanza che i messaggi estortivi erano stati scritti, per sua stessa ammissione, dal colonnello della Stasi Gunther Bohnsack, su incarico e previe indicazioni dei giudici bulgari Jordan Ormankov e Stefan Markov Petkov, che andavano a prendere ordini dalla STASI e dal KGB a Berlino Est.

  5. La circostanza che le accuse di Ali Ağca contro i due falsi giudici bulgari Ormankov e Petkov (in relatà alti funzionari dei servizi segreti bulgari) hanno trovato conferma nel documento della Commissione Mitrokhin, dove risulta che i Servizi segreti italiani avevano segnalato, sin dal 27 giugno 1983, che costoro non erano giudici, ma alti ufficiali dei Servizi segreti bulgari in Italia nell’ambito del caso Antonov.

Martella infine fa riferimento nel suo libro al prossimo ritorno sulla scena di Alì Agca, che pubblicherà un libro nelle prossime settimane. La Commissione  non ha voluto ascoltare l’attentatore di Giovanni Paolo II, che aveva presentato richiesta prima dell’estate come ha affermato il suo procuratore,  Riccardo Sindoca, procuratore in atti anche di Cecilia Marogna, una degli imputati condannati in primo grado  nel processo vaticano per l’acquisto del Palazzo di Londra.



Questa recensione è stata pubblicata su Huffpost Italia, il 1 settembre 2024



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