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“Le (non poche) congetture , illazioni, trame ed asserite irregolarità non sono andati oltre  la loro natura di suggestivi elementi metaprocessuali” , come  il memoriale di Perlasca.”

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“Le condanne contro Becciu e Mincione e gli altri poggiano tutte su solidi elementi di fatto”.

  Estratti dalla motivazione della sentenza del Tribunale Vaticano su Sloane Ave depositata il 30 ottobre 2024. (Pag 77-83)



“Una considerazione ulteriore deve essere fatta per quanto riguarda, in particolare, le dichiarazioni rese da Mons. Perlasca, che il Cardinale Becciu, al momento della sua nomina a Sostituto, aveva confermato nell'incarico di Responsabile dell'Ufficio amministrazione. I rapporti tra i due, per quanto risulta, sono sempre stati buoni e tali sono rimasti anche dopo l'inizio delle indagini; in particolare, il 29 aprile 2020, nel suo primo interrogatorio reso al Promotore di giustizia nell'allora qualità di imputato, Mons. Perlasca aveva negato qualsiasi responsabilità per i reati contestatigli, attinenti le varie fasi dell'acquisto del 'palazzo di Londra', escludendo nel contempo qualsiasi responsabilità del suo superiore. Va altresì detto che, in ogni caso, Mons. Perlasca aveva in quella sede preso atto di talune risultanze investigative di sicuro rilievo e dal conseguente invito del Promotore di giustizia ad offrire leale collaborazione al suo Ufficio, ai fini di un più completo ed esaustivo accertamento dei fatti. In data 31 agosto 2020, Mons. Perlasca si era presentato al Promotore di giustizia, aveva chiesto di rendere interrogatorio anche in assenza del suo difensore e aveva consegnato uno scritto da lui redatto (da allora definito "memoriale"), in cui trattava numerose questioni, alcune delle quali prive di rilievo penale e comunque estranee al presente processo. Mons. Perlasca rendeva poi in data 16 settembre 2020 un altro interrogatorio, questa volta in presenza del difensore di fiducia, in occasione del quale, tra l'altro, confermava il contenuto del memoriale; veniva poi esaminato in data 23 novembre 2020, 15 marzo 2021 e 25 marzo 2021 in veste di testimone, dovendo - secondo gli inquirenti l'incombente istruttorio vertere solo su fatti concernenti la responsabilità di altre persone e dunque senza implicazioni per il dichiarante. In occasione di queste escussioni, Mons. Perlasca riferiva, tra l'altro, circostanze relative alle somme di denaro erogate su indicazione del Cardinale Becciu a Cecilia Marogna e alla Cooperativa Spes, certamente riferibile ai familiari dell'allora Sostituto, vicende che, come si è già accennato, formano oggetto di imputazione e, pertanto, costituiscono oggetto di doveroso accertamento ( condotto e concluso positivamente, giova precisarlo fin da subito, senza che sul giudizio di penale responsabilità abbia minimamente inciso il contributo probatorio offerto da Mons. Perlasca, avendo invece il Tribunale fatto ricorso in via esclusiva ai plurimi elementi di fatto presenti in atti e rimasti privi di confutazione, sì da risultare provata la responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio). Mons. Perlasca, la cui posizione processuale era stata nel frattempo stralciata e definita con provvedimento di archiviazione, è stato poi sentito quale testimone nel corso del giudizio dinnanzi al Tribunale e nel pieno contraddittorio tra le parti. Nel corso dell'esame (iniziato il 24 novembre 2022 e protrattosi per altre tre udienze), uno dei temi principali, sviluppato in particolar modo dalle difese in sede di "controesame", è consistito nella richiesta di spiegare la diversa postura del dichiarante dapprima durante l'interrogatorio del 29 aprile 2020 e poi a far data dal 31 agosto 2020; si è proceduto inoltre ad una dettagliata analisi del memoriale.

Quanto al primo aspetto, tra le cause del mutato atteggiamento processuale pare potersi cogliere sia da quanto dichiara Mons. Perlasca ali 'inizio del verbale per spiegare la sua decisione, sia da alcune parti del memoriale un risentimento verso il Cardinale Becciu, il quale - secondo la versione di Mons. Perlasca - gli avrebbe promesso di risolvere la sua posizione processuale e non l'avrebbe fatto e che lo avrebbe in vario modo ingannato e manipolato. Quanto al cd. "memoriale", esso si presenta come una serie di risposte su numerosi argomenti, in parte estranei al processo e privi di qualunque rilievo penale, concernenti attività o problematiche del tutto eterogenee ( dal concerto di Baglioni alla salute del Cardinale Parolin, dai rapporti con la stampa a quelli con il Qatar fino all 'Ospedale Bambin Gesù). Vi figurano comunque reiterati riferimenti al Cardinale Becciu e ai suoi rapporti con i fratelli ed alla già citata Cooperativa Spes. C'è anche un paragrafo dedicato alla peculiare vicenda dei denari versati dal Sostituto a Cecilia Marogna. Infine, in alcuni casi Perlasca si limita a scrivere "già risposto" (vedi, per esempio, punti 17 e 18). Com'è evidente, entrambi i profili suddetti (mutato contegno del dichiarante e natura del memoriale) non incidono direttamente sui fatti che il Tribunale è stato chiamato ad accertare: non è di centrale imp01tanza stabilire perché Mons. Perlasca si sia detenninato a rendere talune dichiarazioni ( oralmente o in forma scritta sul memoriale) nei confronti di uno o più degli imputati; quel che conta, invece, è verificare se quei fatti - così come rivelati ed indipendentemente dalle ragioni e dalle modalità sottese alla rivelazione - siano veri e provati oppure no. In tal senso, viene innanzitutto in rilevo l'attendibilità o meno del dichiarante (alla quale non a caso sono dedicati questi brani della motivazione); ma occorrerà poi verificare se - indipendentemente dal contributo dichiarativo di quanti non siano stati giudicati credibili e attendibili - figurino agli atti del processo elementi tanto solidi sul piano probatorio da consentire di affermare - come in effetti appare ce1to - la penale responsabilità degli imputati al di là di ogni ragionevole dubbio. In buona sostanza, la inattendibilità di taluni dichiaranti (lamentata dalle difese e spesso riconosciuta dal Tribunale) non si traduce affatto in un elemento di fragilità della affermazione di penale responsabilità perché le pronunce di condanna sono state fondate tutte - nessuna esclusa - sulle risultanze probatorie obiettive e fattuali (di seguito puntualmente indicate), con espressa rinuncia a quei contributi dichiarativi che non hanno invece raggiunto la necessaria soglia di stabilità e credibilità. In tal senso, con particolare riguardo alle dichiarazioni rese da Mons. Perlasca, giova ricordare che le circostanze di fatto sopra richiamate, e molte altre per cui non si può che fare rinvio alle trascrizioni delle udienze, venivano fatte oggetto di approfondimento nel corso dell'esame dibattimentale da paiie delle Difese e anche del Collegio; su molti punti il teste non dava risposte convincenti o addirittura rendeva dichiarazioni inconciliabili con altre risultanze in atti, tanto che il Presidente all'udienza del 25 novembre 2022 doveva più volte ammonirlo dell'obbligo di dire la verità.

Alla successiva udienza del 30 novembre 2022 il Promotore di giustizia comunicava di avere ricevuto nella notte tra il 26 e il 27 novembre, sulla sua utenza telefonica privata, una serie di messaggi whatsapp dalla signora Ciferri, persona amica di Mons. Perlasca, come da lui stesso riferito, e ne depositava soltanto alcuni, attestando che gli altri ( oltre cento) erano stati oggetto di autonomo deposito in separato procedimento penale all'epoca (e ancora al momento della pubblicazione della sentenza n.d.r.) in fase di investigazione, quindi cope1io dal segreto istruttorio. Come il Tribunale ha già avuto modo di osservare nel corso del giudizio, quella ora in .,., esame rappresenta una scelta insindacabile degli inquirenti che trova riscontro nelle prassi e nelle regole di tutti gli ordinamenti occidentali, in primis quello italiano. Per l'effetto, è l'Ufficio del Promotore che resta depositario di detti elementi di prova e che ne dispone fin quando non venga meno il segreto istruttorio e le parti legittimate non abbiano accesso al fascicolo processuale, che lo stesso Promotore ha dichiarato di aver autonomamente istituito inserendovi le suddette risultanze e di cui rimane esclusivo titolai·e e responsabile. Sta di fatto che nei pochi messaggi riversati nel presente giudizio la Ciferri sosteneva di avere suggerito lei a Mons. Perlasca i temi oggetto del memoriale, dicendogli che l' indicazione veniva da "un magistrato consulente" degli inquirenti, mentre le erano stati in realtà suggeriti da Francesca Immacolata Chaoqui. Precisava di aver deciso di rivelare lutto al Promotore solo dopo l'udienza del 25 novembre, affinchè "Perlasca non es:~  umiliato e ridicolizzato da questo processo, come è accaduto oggi, perché è veramente l'unico a non meritarlo.". Alla luce di questa documentazione vemva npreso l'esame di Mons. Perlasca, che proseguiva anche il 1 ° dicembre. All'udienza del 13 gennaio 2023 venivano sentite come testimoni prima Genoveffa Ciferri e poi Francesca Immacolata Choaouqui. Rinviando anche in questo caso alle relative trascrizioni per un esame dettagliato delle dichiarazioni, quello che qui rileva evidenziare è che la Ciferri, dopo aver premesso che da molti anni conosceva ed era amica di Mons. Perlasca, senza però una stretta familiarità, confermava nella sostanza quello che egli aveva dichiarato alle udienze del 30 novembre e del 1 ° dicembre. Successivamente, nel corso della stessa udienza veniva sentita Francesca Immacolata Chaoqui, già componente della COSEA. Dopo questi interrogatori le patti hanno chiesto, lamentando numerose contraddizioni tra i dichiaranti, un confronto tra tutti e tre i testimoni. Il Collegio però ha rigettato la richiesta, ritenendo tale atto istruttorio inutile ai fini della decisione, in quanto le richiamate testimonianze, da un lato, hanno ad oggetto fatti (la genesi delle dichiarazioni) non direttamente rilevanti ai fini delle imputazioni per cui si procede e, dall'altro lato, risultano inattendibili e contraddittorie, quindi, non fruibili ai fini della decisione. Invero risulta evidente, anche solo da quanto sopra riportato in estrema sintesi, che le dichiarazioni di Mons. Perlasca debbano restare prive di autonoma rilevanza probatoria ai fini del presente giudizio, sicché nessuno degli imputati - è bene ribadirlo fin d'ora senza esitazioni - potrà mai dolersi di essere stato dichiarato colpevole sulla base di quanto riferito da Mons. Perlasca, come pure da Genoveffa Ciferri e da Francesca Immacolata Choaouqui. In effetti, le difese si sono a lungo prodigate nel far emergere e stigmatizzare singolari commistioni e brusche involuzioni nei rapporti interpersonali tra taluni dei dichiaranti (in particolare, quelli tra Mons. Perlasca e S.E.R. Becciu che, in veste di imputato, pure ha reso plurime dichiarazioni dibattimentali). Ebbene, il Tribunale, per un verso, ha ritenuto di dover esplorare tutti i fatti che avrebbero potuto assumere (anche solo in apparenza) rilevanza processuale, ma, per un altro verso, ha poi avuto cura di fondare la propria decisione solo ed esclusivamente su quei fatti che hanno raggiunto dignità di prova, eliminando dal panorama decisorio tutti gli elementi meramente congetturali (invero non pochi) e tutti quei contributi probatori (come le dichiarazioni testimoniali ora in esame) che non hanno mantenuto i richiesti crismi di coerenza ed attendibilità. Insomma, il Tribunale ha avuto esclusivo riguardo ai fatti che sono risultati certamente provati e ne ha verificato la idoneità ad integrare le fattispecie oggetto di contestazione; le attività istruttorie sollecitate dalle parti e finalizzate, invece, a descrivere o criticare le modalità secondo cui i fatti sono emersi processualmente piuttosto che a tentare di confutare quegli stessi fatti si sono rivelate più orientate a distogliere l'attenzione (anche in ambito extraprocessuale) dall'essenza dell'accertamento che a metterne in dubbio la solidità. Come si vedrà, le affermazioni di penale responsabilità degli imputati poggiano tutte su solidi elementi di fatto (spesso tanto evidenti da non essere contestati neppure dalle difese), giacché le (non poche) congettme, illazioni, trame ed asserite irregolarità sono state dapprima tutte esplorate, ma - avendo poi mantenuto la loro natura di suggestivi elementi metaprocessuali - hanno finito per avere risalto al più mediatico, ma non certo processuale. Così definito il perimetro delle prove utilizzabili, restano da chiarire i criteri di valutazione di quanto risulta legittimamente fruibile al fine di dirimere l'alternativa tra condanna e proscioglimento. Ebbene, anche con riguardo a quella che si è definita in esordio come la dimensione "dinamica" del ragionamento, valgono innanzitutto i princìpi espressi dall 'ait. 350-bis c.p.p.: la presunzione di innocenza impone di pronunciare una sentenza di condanna solamente nel caso in cui la penale responsabilità dell'imputato risulti provata al di là di ogni ragionevole dubbio, a nulla rilevando sotto questo profilo il fatto che l'insufficienza di prove si traduca in una formula di assoluzione (art. 421, comma 2 c.p.p.) e non già in una regola di giudizio (come avviene, ad esempio, nel sistema italiano, ai sensi degli artt. 533 e 530, comma 2, c.p.p. italiano). Da qui la naturale conseguenza, invero resa esplicita già dal dispositivo, di non poter validare o confutare le imputazioni nel loro complesso, dovendosi piuttosto procedere ad una analitica valutazione di ogni singola condotta oggetto di contestazione, affermando la correlativa responsabilità penale degli imputati solo ed esclusivamente quando il contributo del singolo rispetto alla perfetta integrazione della fattispecie di riferimento sia risultato provato, per l'appunto, al di là di ogni ragionevole dubbio. Come si avrà modo di verificare, lo schema logico-giuridico dianzi accennato trova puntuale applicazione nella disamina dei singoli fatti oggetto di imputazione, alla cui analitica trattazione sono riservate le pagine che seguono.”


Tratte dal libro “IL TRONO E L’ALTARE “ pag. 178 e 179


 
 
 

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