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NUOVO MOTU PROPRIO: IN VATICANO LA PROPRIETÀ E’ SOLO DEL PAPA di M.Antonietta Calabrò


Una paginetta in tutto.  Articolata in quattro punti. Ma a che ben guardare costituisce una vera e propria “norma di chiusura” di tutte le  molteplici riforme in materia economica  cui ha messo mano Papa Francesco (era uno dei mandati delle Congregazioni generali dei cardinali che lo hanno eletto dieci anni fa). E della stessa  riforma della Curia, scritta nella “Praedicate Evangelium”. 

Una norma che varrà dall’Apsa  allo Ior, fino alle ricche doti immobiliari della Congregazione per i religiosi. Non riguarda la Segreteria di Stato solo perchè dopo gli ultimi scandali  ormai è senza portafoglio e non ha più niente. Ma forse adesso , e proprio per questo, si trova in una situazione paradossalmente migliore per essere parte della riforma.

Anche di recente si sono registrati casi in cui ad esempio alcuni enti o Congregazioni hanno instaurato un braccio di ferro  con altri enti o Congregazioni per gestire il “loro” patrimonio, anche a dispetto di decisioni del Papa. E secondo quanto si lamentò l’attuale sostituto Pena Parra nel 2019 questo sarebbe avvenuto anche quando lo IOR negò un prestito da 150 milioni per il riacquisto del famoso Palazzo di Londra per cui è in corso il processo davanti al Tribunale vaticano presieduto da Giuseppe Pignatone.

In quel caso però al di là dell’uso  di una bella fetta del patrimonio IOR, era in ballo anche un’operazione sospetta per riciclaggio di denaro, come ha affermato di recente in Aula il presidente De Franssu.

Ebbene il Motu proprio pubblicato giovedì 23 febbraio 2023, afferma :“Tutti i beni, mobili e immobili, ivi incluse le disponibilità liquide e i titoli, che siano stati o che saranno acquisiti, in qualunque maniera, dalle Istituzioni Curiali e dagli Enti Collegati alla Santa Sede, sono beni pubblici ecclesiastici e come tali di proprietà, nella titolarità o altro diritto reale, della Santa Sede nel suo complesso e appartenenti quindi, indipendentemente dal potere civile, al suo patrimonio unitario, non frazionabile e sovrano".

C’è un diritto nativo della Santa Sede che la rende proprietaria per perseguire le sue finalità e non potrà accadere che un ente si opponga all’uso dei beni che amministra all’interno di un’ottica unitaria.

Già a fine dicembre 2014 il defunto cardinale George Pell, allora prefetto della Segreteria dell’Economia, aveva pubblicamente denunciato in un’intervista al Catholic Herald che “chi era nella Curia seguiva modelli a lungo consolidati. Proprio come i re avevano permesso ai loro governanti regionali, principi o governatori di avere quasi mano libera, purché i libri fossero in equilibrio, così hanno fatto i Papi con i cardinali di Curia (come fanno ancora con i vescovi diocesani)».

Gli accantonamenti extra-bilancio per importi molto rilevanti come quelli rivelati allora dal cardinale Pell per la Segreteria di Stato, naturalmente, hanno costituito delle sacche all’oscuro dell’amministrazione centrale che hanno dato occasione per possibili abusi. “I problemi erano tenuti “in casa” (come si usava nella maggior parte delle istituzioni, laiche e religiose, fino a poco tempo fa). Pochissimi erano tentati di dire al mondo esterno che cosa stava accadendo, tranne quando avevano bisogno di un aiuto supplementare». (https://www.corriere.it/cronache/14_dicembre_04/pell-centinaia-milioni-euro-fondi-nascosti-vaticano-db0e1d9c-7b8c-11e4-b47e-625f49797245.shtml)

Un sistema di fatto feudale , una devoluzione di autonomia e di potere a cardinali come fossero vassalli e valvassori del sovrano , a scapito dell’unità.

Per questo il porporato morto all'inizio di gennaio, sosteneva  già più di otto anni fa che “per secoli personaggi senza scrupoli hanno approfittato della ingenuità finanziaria e delle procedure segrete del Vaticano.”

“Con il Motu Proprio "Il diritto nativo" “ il Papa - ha spiegato giovedì  una Nota della Segreteria dell’Economia - richiamandosi ai canoni c. 1254 e 1255 del Codice di diritto canonico, ha chiarito la natura pubblica ecclesiastica dei beni acquisiti dalle Istituzioni Curiali e dagli Enti Collegati alla Santa Sede in ragione della loro destinazione universale ai fini della Chiesa".

Piuttosto gli enti sono solo “affidatari" di questi beni e li devono curare "con la prudenza che la gestione della cosa comune richiede e secondo le regole e le competenze che la Santa Sede si è data" da ultimo con la Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium. Il Motu Proprio dunque, secondo la Segreteria per l'Economia, "non cambia le competenze e non detta regole nuove, ma riafferma un principio fondamentale circa la natura pubblica dei beni e il ruolo delle Istituzioni Curiali e degli Enti collegati, non di proprietari o titolari, ma di soggetti pubblici ecclesiastici". Principio che vuole essere "una guida per l'azione di tutta la Santa Sede e che richiama tutti al perseguimento del bene comune e alla responsabilità che l'amministrazione della cosa pubblica ecclesiastica comporta", ricordando "quale è la finalità dei beni temporali della Santa Sede che sono beni pubblici della Chiesa indissolubilmente destinati al perseguimento dei suoi fini e non solo a quelli del singolo Ente cui sono affidati".

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